Vasilisa la Bella e la Baba Jaga – La fiaba

La fiaba Vasilisa o Vassilissa è intrisa di archetipi, simboli e insegnamenti preziosi all’iniziazione del femminile maturo.

Versione da Wikipedia:

La protagonista della storia, Vasilisa, rimane orfana di madre all’età di otto anni; sul letto di morte, sua madre le dona una bambola di legno, dicendole di non mostrarla a nessuno, di portarla sempre con sé e, se avesse avuto bisogno di soccorso o di conforto, di darle qualcosa da mangiare, e la bambola l’avrebbe aiutata. Tempo dopo, sempre triste per la morte della madre, Vasilisa si ricordò della bambola e le diede da mangiare come le era stato detto: magicamente, la bambola prese vita, confortando la bambina e facendo sparire la sua tristezza; da quel momento, Vasilisa fece spesso ricorso alla bambola.

Non molto tempo dopo, suo padre si risposò con una vedova del villaggio, Lilja, che aveva già due figlie; nessuna di loro andava d’accordo con Vasilisa, e dato che suo padre era spesso fuori casa per lavoro, la ragazza veniva maltrattata. La matrigna spediva Vasilisa a lavorare in campagna, così da rovinare la sua pelle bianca e delicata, ma una volta lì Vasilisa dava da mangiare alla bambola, che lavorava al suo posto e si prendeva cura di lei. Visto che le angherie non sortivano effetto, e che i ragazzi del paese erano interessati solo a Vasilisa e non alle sue sorellastre, Lilija pensò di sbarazzarsi definitivamente della ragazza; approfittando di una lunga assenza del marito, Lilija traslocò con le tre ragazze in una casa isolata al limitare del bosco, che era evitato da tutti perché al suo interno abitava la strega Baba Jaga.

Lilija e le sue figlie cominciarono quindi a spedire spesso Vasilisa nel bosco per svolgere questo o quell’altro lavoro, sapendo che Baba Jaga era famosa per mangiarsi le persone; grazie alla protezione della bambola, la giovane tornava sempre a casa sana e salva, e passata l’estate le sue sorellastre cominciarono a protestare, non volendo passare l’inverno lì. Lilija escogitò uno stratagemma, e mise le tre ragazze a filare e cucire, lasciando una sola luce accesa in casa; una delle due spense quell’unica luce, fingendo un errore, e Vasilisa venne quindi mandata nuovamente nel bosco, con lo specifico compito di andare da Baba Jaga a chiedere una candela accesa per riaccendere la luce di casa. Stringendo a sé la sua bambola, Vasilisa si avviò quindi verso il cuore della foresta; mentre camminava, passò vicino a lei un cavaliere vestito di bianco, e il cielo cominciò a rischiararsi; passò più tardi un altro cavaliere, vestito di rosso, e il sole fece capolino all’orizzonte; la giovane raggiunse infine la capanna di Baba Jaga, e passò un ultimo cavaliere, vestito di nero, e calò nuovamente la notte. La casa stava in una radura, roteando su sé stessa reggendosi su due grandi zampe di gallina; tutto intorno si estendeva un recinto fatto di ossa, e le orbite dei teschi in cima alla recinzione, al calare della notte, si erano illuminate.

Di lì a poco la foresta risuonò di un gran trambusto, e Baba Jaga giunse cavalcando il suo mortaio, spingendo col pestello nella mano destra e spazzando dietro di sé con una scopa nella sinistra, seguita da una fiumana di spiriti; sentendo l’odore di Vasilisa, le intimò di farsi avanti e di dire perché fosse lì: la giovane obbedì e spiegò che era stata mandata dalle sorellastre a chiedere del fuoco. Baba Jaga acconsentì, a patto che lavorasse per guadagnarsela, quindi fece fermare la casa, aprì il cancello ed entrò con Vasilisa, minacciando di mangiarla se non avesse lavorato come si deve. Vasilisa cominciò quindi a servire la strega -apparecchiandole la tavola, pulendo la casa e svolgendo altre mansioni- quella sera e i due giorni successivi, sempre molto aiutata dalla bambola.

Ogni giorno, Vasilisa vedeva passare fuori dalla recinzione i tre cavalieri che aveva visto nel bosco; la terza sera, quindi, dopo che Baba Jaga ebbe cenato, Vasilisa le chiese chi fossero: Baba Jaga le rispose che erano l’alba, il sole e la notte, suoi servitori; Baba Jaga le chiese di rimando come avesse fatto a portare a termine i suoi lavori così bene e così in fretta, e Vasilisa rispose, evasivamente, che la benedizione di sua madre l’aveva aiutata. Furiosa, Baba Jaga la cacciò fuori di casa, non volendo figlie benedette al suo interno, ma le diede uno dei teschi luminosi della cancellata.

Vasilisa impiegò di nuovo un giorno per attraversare il bosco (vedendo nuovamente passare i tre cavalieri) e, quando giunse a casa, trovò Lilija e le sue sorellastre al buio: ogni luce che avevano provato a portare in casa, infatti, si era subito spenta. Le tre donne le chiesero dove fosse stata, ma appena videro il teschio fuggirono spaventate: esso però prese ad inseguirle, e la luce che usciva dalle sue orbite le bruciò fino a ridurle in cenere. La mattina seguente, Vasilisa seppellì il teschio e ritornò alla sua casa nel villaggio, attendendo il ritorno di suo padre; si dice che, alla fine, abbia sposato lo zar di Russia grazie all’aiuto della sua bambola, “ma questa è un’altra storia”…

Questa fiaba mi ha ispirato a creare un workshop esperienziale di costruzione della propria bambola per ricucire quella connessione perduta nel tempo col proprio potere intuitivo.

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Nel workshop lavoreremo sulla versione tramandata da Clarissa Pinkola nel suo famoso libro:
“Donne che corrono coi lupi”.

Riflettendo e condividendo gli insegnamenti iniziatici della fiaba, costruiamo la bambola che verrà attivata mediante meditazione profonda e atti psicomagici.